×


Cosa fare se un cane abbaia agli altri cani?

Dal Blog di Angelo Vaira


Redazione ThinkDog - 7 Novembre 2023

In questo video corredato da articolo, vi spiego cosa fare, in pratica, quando un cane abbaia agli altri cani, prendendo a esempio il caso di Tano.

Se il tuo cane abbaia agli altri cani sei probabilmente in difficoltà, perché la passeggiata tranquilla che sognavi quando hai adottato il tuo amico a quattro zampe, così tranquilla non è. Persone che si girano a guardarti, altri proprietari con i cani al guinzaglio che si allarmano e magari sei anche in difficoltà perché il tuo cane tira anche al guinzaglio. Se il suo peso è notevole può trascinarti.

Questo per esempio è un punto molto importante. Molti scelgono di limitarsi a intervenire sul problema guinzaglio, che certamente va risolto. Ma il tirare al guinzaglio è il sintomo, la conseguenza, di un altro problema: l’emotività legata all’incontro con gli altri cani. Se non risolviamo questo, andando alla radice del problema, non risolveremo un bel nulla e non solo sarà difficile convincere il cane a non tirare, ma lo stress nostro e del nostro cane, rimarrà alto, rendendo spiacevole la passeggiata, difficile la libertà con gli altri cani e recando forse i problemi di salute fisica e psicologica legati allo stress.

Un articolo diverso dal solito

Vorrei farti partecipare al modo in cui penso mentre lavoro. Perché? Perché ci si attacca spesso alle procedure: il cane fa così e io devo fare cosà. Ma così ci dimentichiamo che ogni cane è un universo mentale unico e irripetibile. Sicché sì, ti fornirò una procedura, ma che ti consenta di accedere al modo in cui penso, a cosa valuto. Più difficile se ti aspetti la pappa pronta, ma più affascinante se vuoi entrare nel vivo dell’educazione cinofila e della psicologia del cane.

La situazione in cui si trova Tano nel video

La situazione in cui si trova Tano nel video

Tano qui è coinvolto in una sessione di lavoro che dura circa un’ora e mezzo, all’interno di una giornate di pratica. Vi partecipano le famiglie, con i loro cani, gli allievi del corso per educatori cinofili che vogliano esercitare le loro capacità e approfondire e istruttori cinofili per la formazione continua.

Valutati i presenti, sono gli stessi partecipanti che decidono con quali cani vedermi al lavoro. Così mentre dialogo col proprietario, gestisco l’ambiente, gli altri cani attorno e do una “lettura” del cane, condividendola con i partecipanti alla giornata.

Da questa conoscenza del cane, emergono le mie scelte. O meglio seguono il flusso, ciò che il cane racconta di sé, dei limiti e dei condizionamenti che si porta dietro. Così insieme a lui, tutti, cresciamo. È il mio modo particolare di operare. Non si tratta di addestramento, né di training, poiché raramente è richiesto al cane di obbedire e men che mai gli si chiede una qualche performance. Di per sé l’addestramento non è male, se non fatto in modo violento, ma qui il lavoro è più profondo. Tocca emozioni e sistemi di credenze, i significati che il cane attribuisce a ciò che gli accade e avviene non solo rispettando la sua natura, ma addirittura la nutre. Insomma niente cani robot, ma cani che fanno i cani.

Questo è il contesto in cui si trovano Tano, il cane protagonista del video e il suo ottimo proprietario Vincenzo. È stato girato tutto in presa diretta, così come abbiamo lavorato. Il lavoro è durato in tutto circa un’ora e mezzo, con le dovute pause per Tano. Il cambiamento avviene in un attimo, ma piccolo, poi nel corso del tempo è sempre più visibile anche per i meno esperti.

A proposito di cani che fanno i cani: come dimostro nel video, non significa che li si lascia fare ciò che vogliano. Lasciar fare a un cane socialmente non competente tutto quello che vuole, reca in sé il rischio di lasciarlo anche ricadere nei suoi schemi maladattivi, rafforzandoli e peggiorando le cose.

Il medoto: non si tratta di mettere il cane sotto controllo…

ThinkDog – Campus di fine anno – Lido degli Scacchi (FE) 14-15 ottobre 2023

È importante capirlo perché chi legge questo articolo potrebbe poi rivolgersi a esperti che invece puntano a questo. Ecco, non è ciò che preferisco e come me, tutti gli educatori e gli istruttori della mia Scuola, la ThinkDog.

Molti desiderano avere il cane sotto controllo. Mettere sotto controllo il cane è il metodo che usavo venti anni fa (e che quindi conosco bene). È tutt’ora usato da diversi addestratori, che seguano il metodo classico o gentilista. Si tratta di usare “comandi” o “cue”, per rendere più forti questi ultimi rispetto allo “stimolo” rappresentato dagli altri cani.

Nulla da dire se il cane non è maltrattato e se non conosciamo alternative, ma nel tempo i cani e la pratica sul campo, unita agli studi di psicologia, etologia e neuroscienze, mi hanno mostrato che è possibile fare ben altro. E nella mia esperienza personale questo “altro” si è rivelato più efficace.

Così, uso un altro metodo. Un metodo in cui non è in ballo solo il comportamento del cane, ma il suo intero essere. Approfittiamo del problema per allargare gli orizzonti e invitare il cane a diventare maggiormente adattabile, con un bagaglio di conoscenze e capacità che lo rendono più resiliente e, in definitiva, felice. Si potrebbe più semplicemente ridurre tutto il ragionamento a: rendere il “cane più intelligente”, come amerebbe dire mio nonno in termini semplici.

Il metodo nelle sue fasi

Il metodo nelle sue fasi:

1. Osservazione: qui osservo Tano al guinzaglio e libero, con e senza altri cani attorno, fermo e in movimento. Questo consente di conoscere la “base-line” del soggetto, ovvero come risponde abitualmente, da quali schemi è dominato e quali sono le soglie oltre le quali il suo comportamento diventa maladattivo e schematico. Fatto questo, cominciamo a chiederci cosa è possibile fare, nei passi successivi, perché modifichi le sue risposte accrescendo le sue capacità.

In questa fase Tano ha dimostrato di essere su di giri alla vista degli altri cani, non appena riesce a vederli, anche a grande distanza.

2. Modificare per conoscere. Ho quindi cambiato elementi, soggetti, distanze e interazioni attorno a Tano per comprendere come rispondesse in termini di reattività, intensità e persistenza della risposta. Modificare per conoscere è un principio della Terapia Breve Strategica usata in campo umano, la quale affonda le sue radici anche nei cambiamenti naturali, osservati negli animali e in natura.

Tano qui ha mostrato scarsa persistenza, ovvero si riprende subito se l’altro cane si allontana. Non è così scontato. Diversi soggetti rimangono fuori di sé per diversi minuti o scossi per un’intera giornata, anche quando l’altro cane è completamente scomparso dalla vista. Nel nostro caso l’ipotesi da verificare è che Tano abbia una buona base in termini di autoregolazione. Altre cose che ho potuto appurare in questa fase sono: a che distanza cominci ad abbaiare? C’è differenza fra maschi e femmine? In che modo e di quando aumenta la tua reazione con l’avvicinarsi dell’altro cane?

Ho avuto così una certa percezione delle capacità emotive, cognitive e sociali del cane. Per questo prendo le distanze anche da chi pretende di conoscere i cani semplicemente osservandoli. In tal caso è facile cadere in un duplice tranello: da una parte quello di osservare sempre le stesse situazioni e risposte dei cani, facendo restare così celate ai nostri occhi le risposte di cui sono capaci e che talvolta sono sorprendenti; dall’altra quella di etichettare il cane come “poverino” e incapace, condizionando il modo in cui lo trattiamo e la sua stessa identità.

3. Sistema di credenze del proprietario: mentre si lavora il modo in cui il proprietario commenta, si muove e reagisce, ci fornisce una idea di come influenzi le percezioni del cane e il suo comportamento. Questo ci aiuta a capire come aiutare anche lui ad abbandonare convinzioni errate, le quali finiscono sempre per condizionare la psicologia dell’animale. Ci diciamo continuamente che la cosa più importante di tutte è la relazione, ma poi finiamo sempre per concentrarci solo sul cane, perdendo di vista la componente umana del sistema.

Abbiamo qui osservato che a rendere così agitato Tano sia anche la legittima preoccupazione da parte del suo proprietario, che per prevenire problemi accorcia il guinzaglio ed evita di liberarlo con gli altri cani. Questo fa rimanere Tano in deficit di esperienze sociali e quindi di relative competenze.

4. Spiegare mentre si lavora, per innalzare il livello di capacità di lettura e interpretazione del proprietario (e, nel mio caso, dei partecipanti alla giornata di pratica). Questo inoltre crea un dialogo generativo di opzioni e coinvolge i proprietari come soggettivi attivi e non passivi del processo di apprendimento. Anche questo è un punto molto importante, per chi desideri diventare educatore cinofilo, benché quasi sempre trascurato.

Qui di cose ne ho spiegate diverse, dal come maneggiare il guinzaglio per non creare tensioni, a come avvicinarsi e allontanarsi dagli altri cani per generare apprendimento in Tano.

5. Zona psicologica ottimale. Nel video a un certo punto dico: questa è la distanza da cui cominciare il lavoro, indicando un punto un cui il cane è agitato ma non così tanto da non ascoltare. Organizzando l’ambiente e la situazione in modo oculato, faccio permanere il cane in quella “zona psicologica” che gli consente di essere a contatto col problema, ma senza farsene controllare, in modo che sia il cane stesso a generare creativamente risposte alternative al comportamento problematico. Perché parlo di “zona psicologica”? Perché nel tempo la distanza fisica varia, accorciandosi, mentre la zona psicologica no. O meglio è visitata in alcuni momenti, in altri si allenta l’attenzione per far “respirare” il cane.

6. Più capacità, meno controllo. Ne abbiamo parlato prima, ma è un punto proprio del metodo che qui ho seguito. Contrariamente a ciò che si fa in addestramento, invece di impiegare le nostre energie per allenare il cane a rimanere sotto controllo, si fa in modo che sviluppi lui stesso le capacità di comportarsi adeguatamente. Mettere sotto controllo il cane, da questo punto di vista, è un metodo grezzo che va usato quando non conosciamo alternative.

7. Confida nell’emergere: invece di pianificare a tavolino l’intervento, si pongono le giuste condizioni affinché sia il cane e a mostrare la strada. Il “dialogo” con lui è il sostegno al suo evolvere naturale da soggetto problematico a individuo libero.

Ogni cane è un universo a sé

Scrivete spesso in messaggi e commenti che grazie ai video avete affrontato e risolto problemi con i vostri cani. Ne sono ben felice, ma dobbiamo anche accettare che questo non è valido per tutti. Vuoi per la gravità del problema, vuoi per le caratteristiche e le competenze pregresse del proprietario, vuoi per il modo in cui è strutturato l’ambiente, un video o i miei libri potrebbero non bastare ed è normale che è così. In tal caso è necessario essere guidati da un bravo educatore cinofilo nel vasto territorio della mente (e del cuore) del cane.