Molti anni fa, d’accordo con i miei colleghi in APDT decidemmo di approcciarci al gioco secondo la regola “il gioco è apprendimento“. Allora, il gioco della lotta e del tira e molla era sconsigliato “perchè insegna al cane che va bene saltare addosso e mordere per strappare e contendersi oggetti di stoffa (pantaloni, calzini, ecc.)”. L’effetto era effettivamente molto concreto: i cani, soprattutto se cuccioli, smettevano di approcciarsi pesantemente e maleducatamente ai proprietari e agli ospiti. Questo genere di consiglio, il cui concepimento è avvenuto grazie a quello che all’epoca era il nostro mentore, Aldo La Spina, è stato poi diffuso attravero i nostri corsi, seminari e conferenze, tanto da diventare poi quasi un “must” negli educatori conofili dai metodi gentili. Ci si concentrava maggiormente sui giochi di lancio e quelli individuali (kong, buster food cube, ossetti, ecc.).
La cosa ha poi subìto, almeno per quanto riguarda il mio lavoro e quello che si insegna oggi in ThinkDog, un’evoluzione. Uscito dalla visione riduttiva del comportamentismo, secondo cui il cane apprende pressochè solo per associazioni mentali, mi sono messo a studiare l’apprendimento degli autocontrolli e della risposta ai segnali d’arresto, ritrovando proprio nei giochi di lotta e tira e molla dei potenti alleati per insegnare queste competenze.
A questo punto è assolutamente necessario che sottolinei però che c’è modo e modo di giocare alla lotta e al tira e molla.
L’approccio che non mi piace è ciò che ho visto nei campi d’addestramento, in cui si usano metodi coercitivi, si gioca tanto e molto pesantemente poichè il cane deve imparare a mordere e a non mollare la presa. Ti riappropri del salamotto strappandolo dalla bocca del cane, bilanciando la cosa facendo fingere di perdere e dandogli la soddisfazione di strapparlo dalle tue mani. Il punto cruciale, però, arriva quando devi introdurre il “lascia”. E qui “ho visto cose che voi umani non potete nemmeno immaginare!“…
La teoria della “vecchia scuola” vuole che il cane si debba aprire alla combattività e all’esuberanza. Per mesi. Diciamo fino all’età di un anno e mezzo – due. Quindi, a questo punto, si introduce il “lascia” ed è qui che gli addestratori si incartano. Usano schiaffi sulla testa, strattonate, collari con le punte rivolte all’interno, collari elettrici, calci, urla e quant’altro. Dopo aver insegnato al cane che non si molla, si impongono secondo la legge del capo branco, cercando di ottenere il comportamento voluto in modo grezzo, e quanto meno poco produttivo: molti sono i cani “rovinati” a causa di questa violenza e dell’incoerenza di quello che dovrebbe essere la loro Base Sicura.
Questo genere di pratiche è anche associata alla pura lotta. Si insiste così tanto, e si gioca in modo così rude, che il cane impara ad essere talmente “pesante” ed insistente da rendere a volte vano il tentativo di calmarlo.
Questi due modi sono anche spesso utilizzati in maniera del tutto inconsapevole dai comuni proprietari di cani, che non hanno mai fatto alcun corso e che esagerano nel gioco. In prevalenza, tutto ciò accade con gli esseri umani di sesso maschile: diciamoci la verità, a noi maschietti piace la roba forte e abbiamo nel sangue una buona dose di voglia di giocare alla lotta. Solo che a volte esasperiamo i cani.
Quando ho ripreso in mano il gioco della lotta e del tira e molla, ho lavorato inizialmente sull’introdurre il lascia fin dal principio. Ci si ferma completamente, si aspetta che il cane molli e lo si premia ricominciando. La regola che il cane impara è: se lascio al momento giusto, si ricomincia subito. A questo punto non si fa altro che alzare il livello di adrenalina fino al momento in cui il cane ti vola addosso per afferrare la treccia o il salamotto: G-R-A-D-U-A-L-M-E-N-T-E. Anche ad altissimi livelli di arousal (= eccitazione, agitazione; tecnicamente è il livello di attivazione emozionale) e di motivazione, il cane lascia immediatamente. E così con la lotta, la si fa a bassi livelli di attivazione emotiva, come mostrato nel video sopra.
Un altro passo importante è stato quello di rivedere il tutto sulla base della sincronicità. In ThinkDog lo chiamiamo anche ricalco e guida. Argomento affrontato anche nella mia intervista a Marco Iacoboni, luminare dei neuroni specchio. Si tratta di imitare movimenti, ritmo e intensità per “rispecchiarsi” l’un l’altro col cane. Questo genera una grande empatia fra il due e il quattro zampe. Dopo aver imparato ricalco e guida in ambito umano, ne sono stato così affascinato da sperimentarlo con i cani. Nessun libro e letteratura cinofila faceva riferimento ad esso, e così mi sono rimboccato le maniche e ho trovato il modo. In verità, tolti i primi momenti di impaccio, ti accorgi che condurre il gioco è molto naturale e istintivo. Se hai imparato a osservare il cane sai come guidarlo nello stato a lui più congeniale. Insomma, si tratta di trovare e riconoscere un modo raffinato di fare qualcosa che è già istintivo anche per noi: tutti gli animali, infatti, sincronizzano i loro movimenti ed espressioni quando sono in sintonia. Puoi notarlo anche in questo meraviglioso video segnalatomi da Marc Bekoff, con l’espressione “Oh my!“, a significare proprio la straordinarietà dell’incontro fra un essere umano e il gorilla che, accudito anni prima, lo ha riconosciuto (immenso):
Spesso ripenso al mio personale percorso di apprendimento. Ripenso a quando ho dovuto cimentarmi con le tematiche del rinforzo positivo, e a quanto sia stato fortunato a trovare poi la via di integrarlo invece di farmici trascinare. Lo vedo in chi è alle prime armi: si ignora il cane e lo si premia col gioco per aver fatto quello che gli abbiamo chiesto. Ma questo non è VERO gioco. Il vero gioco non ha fini individuali se non quello di divertirsi e affiatarsi. Se un giorno ti scopri a lanciare palline in un campo, chiediti cosa sta facendo il tuo corpo in quel momento. Sta seguendo l’onda emotiva del cane? Stai correndo? O stai solo giocando con la mente, senza usare il cuore? Rinforzare un bel comportamento col lancio di una pallina non è sbagliato, anzi, puoi insegnare un mucchio di cose utili. Ma non c’è solo quello.
Un modo intelligente di giocare alla “lotta” con un cane è quello riportato nel filmato in alto, in cui Myriam Jael Riboldi, gioca col suo alano. Una lotta in cui l’occhio attento vede dolcezza, affiatamento, empatia, sincronia (ricalco e guida). Questo è il modo di favorire l’autoregolazione, l’affettività, l’apprendimento della comunicazione e che facilita stringere un legame. Ma sapete cosa è più importante? Giocare senza fini particolari, solo con alcuni principi di base, giusto per non fare danni.
Il gioco è un’“attività di flusso”, ovvero piacevole in sè. Sbaglia chi crede che il gioco debba essere usato solo come mezzo per insegnare obbedienza e risposta ai segnali (“comandi”). Meglio, molto meglio, un gioco condotto nel modo in cui si vede in questo video. “Niente di speciale” mi diranno alcuni, “non ci vuole la scienza per giocare in così, io lo faccio da sempre“… appunto… in fondo siamo già chiamati a giocare, se solo ci mettiamo nei panni del cane. Per riuscirci basta acuire i sensi, avere una certa sensibilità senza la quale possono sfuggire dettegli sottili e significativi. Ispiratevi…