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In..Can..Tesi..Mi al Rifugio Fata


Redazione ThinkDog - 28 Marzo 2012


Scritto in collaborazione con Anna Tetro e Fernanda Lamanna

In..Can..Tesi..Mi al Rifugio FataIl Rifugio Fata nasce dapprima informalmente nel 1998 dall’incontro di 3 donne che uniscono la loro passione per i cani e per i gatti, anzi, è proprio per sistemare dei micetti che iniziano a collaborare: Rossana Longo che mette a disposizione un primo terreno a Sant’Eufemia, Scarlett Vescovo, una signora inglese stabilitasi in Calabria che collabora con lei e la piccola Francesca Scerbo, allora appena adolescente che, da quel momento, comincerà un suo percorso di crescita sempre insieme ai cani che questa terra chiede di sistemare…
Cominciano ad accogliere i primi cani bisognosi di cure: cani da caccia abbandonati, femmine incinte o con prole (prontamente sterilizzate dopo le cucciolate, cani investiti e maltrattati dai balordi di strada.
Preparano da mangiare seguendo l’alimentazione domestica (poi sostituita da più pratici croccantini anche per le evidenti spese economiche che altrimenti condizionerebbero la possibilità di accudire così tanti cani) in una cucina della vecchia casetta di campagna di Rossana,riuscendo ad ospitare e sfamare, nel corso dei primi anni, da trenta a un massimo di sessanta cani.

Grazie al loro impegno diventano parte della Lega Nazionale per la Difesa del Cane e, nel 2004, ottengono un sostanzioso finanziamento dalla Lega di Bologna che permette loro di traferirsi in un altro terreno di famiglia della Longo, uno splendido uliveto a Sambiase, dove sorgerà la parte centrale dell’attuale rifugio: un corpo di 8 grandissimi box che danno su un cortile interno, un giardino, uno spazio di sgambatura, e una stanzetta adibita ad ambulatorio veterinario attrezzato.
L’associazione viene ufficialmente costituita proprio nel 2004 come “FATA protezione animali Onlus”, nome dedicato al primo cane preso in cura al rifugio, Fata appunto, una splendida setter gravemente malata che diede loro la forza di andare avanti.
Con tanta buona volontà, si mettono in gioco brazie ai loro sacrifici, ma anche a qualche aiuto della Lega e alle frequenti donazioni di amici generosi, in una città dove il randagismo è da sempre un’emergenza (vista anche la riluttanza alla sterilizzazione considerata dai locali una pratica “contro natura”, salvo poi gettare via i piccoli appena partoriti o lasciati nelle campagne, nei dintorni del rifugio, presso le abitazioni di chi è conosciuto come animalista, o direttamente nella spazzatura), nonostante la parallela nascita del canile comunale a Lamezia.

Si impara presto che ospitare dei cani non è solo amore e cure, ma anche saper gestire momenti più difficili: le loro possibili incompatibilità che possono degenerare in zuffe anche molto crudeli, le necessità specifiche di cani disabili (ciechi, con malformità fisiche, sordi), malati o anche soltanto orfani del proprio compagno umano, la diffidenza nelle adozioni gestite dalle volontarie “solo a certe condizioni” (i famosi controlli pre e post affido) e la difficoltà nel sensibilizzare l’ambiente e le persone per diffondere una moderna cultura cinofila, che concepisca il cane non come un arredo da giardino per la guardia.

Ad oggi la gestione del menage degli ospiti al Rifugio è nelle mani dle presidente dell’Associazione, Rossana Longo, dalla sua vice Francesca Scerbo, di un Direttore Sanitario, e della preziosissima collaborazione di una trentina di volontari in loco (oltre a una fitta di rete che si estende in tutta Italia per stalli e staffette). Determinante ed epifanico, è stato l’incontro con il docente Giuseppe Luscia, educatore Thinkdog della scuola di Angelo Vaira, durante il corso per volontari organizzato nel giugno 2010; ha segnato un momento illuminante della direzione da prendere per maturare le energie e non disperderle, per valorizzare tutto quello di cui si è custodi nella gestione di un canile: tutelare le enormi capacità dei nostri ospiti, che danno tantissimo, ogni giorno. Fondamentale è anche il contributo delle educatrici Fernanda Lamanna e Vincenza Costantino, anche loro formate dalla Scuola di Pet Coaching ThinkDog, che affiancano lo staff nella valutazione e nel trainer con ogni cane, per renderne adottabili il maggior numero possibile, per facilitare l’inserimento in famiglia e per accogliere gran parte dei cittadini interessati a conoscere le potenzialità dei cani e le loro caratteristiche individuali.

Ecco perchè nasce il progetto “In…Can…Tesi…Mi”.
L’idea è per una tesi di laurea (quella di Marialuisa Seconnino) che, attraverso il prelievo del pelo – fatto nell’arco di circa 4 mesi, con cadenze specifiche, su 6 cani( 3 maschi e 3 femmine di circa due anni di età) scelti con indice di adottabilità medio – alta, vuole monitorare i livelli di cortisolo, ormone dello stress, presente nei singoli cani.

Nell’ attesa dei risultati delle analisi cliniche, qualcosa di importante e’ già avvenuto: l’iniziativa “In…Can…Tesi…Mi” ha tracciato dei nuovi sentieri nella vita del rifugio e dei tanti volontari che vi gravitano attorno. I “vecchi” volontari scoprono un nuovo modo di fare volontariato, i “nuovi” si integrano in un gruppo dove la motivazione e la positività sono l’essenza del vivere il rifugio.


Il percorso di recupero si è focalizzato su obiettivi definiti: costruire la prosocialità, contatto fisico e manipolazione, costruire la centripetazione, organizzare percorsi di Mobility (Casalingo…), facilitare l’inserimento nell’ambiente urbano, partecipare alle classi di socializzazione
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Tra uliveti, aree training e box ristrutturati sono stati adottati dal 2009 ad oggi 380 cani, monitorabili nelle loro attuali condizioni, e rintracciabili. Tra questi vogliamo ricordare solo alcune delle storie che qualsiasi delle “fate” potrebbe raccontarvi sorridendo con il cuore.

Charlot e Zazzà, due fratelli ritrovati a un mese e mezzo di vita nel giugno 2009, malnutriti, infestati da zecche e altri parassiti, sono stati cresciuti e rimessi in sesto grazie a quotidiane uscite e varie esperienze(visite di persone, rumori, automobili dei volontari,ecc) anche se, una volta entrati nel box del giardino (che ha il grosso difetto di avere muri alti e non si vede bene fuori se non alzandosi sulle cucce), hanno manifestato un timore nelle uscite fuori dal loro giardino e una preoccupazione ai primi passi con la pettorina. La calma è stata l’arma vincente, oltre a far indossare a Zazà una pettorina di un paio di taglie in più, così da facilitarne l’approccio e, dopo un mesetto, si sono spalancate le porte dell’ area training. Ora, quando vedono la pettorina e il guinzaglio volano, ed è farli rientrare nel box il vero dilemma!

Thula, invece, è arrivata al rifugio nel 2010 a circa 8 mesi, portata da un signore che la vedeva girovagare in un quartiere di Sambiase dove spesso avvelenavano i cani. Il suo un carattere forte, dominante con i cani più insicuri con cui condivide il box, all’inizio la portava ad essere difficilmente gestibile, “un cavallo pazzo” a detta di molti tanto che se scappava dal box (pur restando nei dintorni) nessuno riusciva a riprenderla per almeno un paio di giorni. Adesso, grazie al lavoro fatto in area training, se capita che scappi dal suo box, va direttamente lì, aspettando che qualcuno la faccia giocare con la pallina.

Tiger, è arrivato cucciolo nel luglio 2009, piccolino di circa un mese, insieme ad un suo fratellino che morì di gastro. Lui ha lottato, è cresciuto insieme agli altri cuccioli nella stanzetta del’ambulatorio e ha sviluppato un carattere molto placido, talmente socievole con gli altri cani (di qualsiasi taglia) che è diventato pericoloso per la sua stessa incolumità: essendo così tranquillo veniva lasciato libero di girovagare per il rifugio, ma al passaggio delle pecore nei terreni vicini, si scagliava euforico contro i cani pastore che, in più di un’occasione non hanno mostrato di gradire la sua socialità. Vivere in un box come gli altri, specie dopo la strilizzazione, lo ha fatto ingrassare tanto da renderlo obeso, visto che sembrava colpito da disinteresse cronico. Inserirlo nel programma di educazione, coinvollgerlo nelle dievrse attività, ha risvegliato il Tiger di una volta e, da una settimana all’altra, è anche dimagrito ma non solo per il movimento, quanto per qualcosa dentro che ha ripreso a farlo rivivere…le carezze, il richiamo, il lavoro sulla centripetazione, gradualmente il suo interesse è aumentato e oggi, oltre a starsene sdraiato al sole, si dimostra incuriosito dalle nuove esperienze.

Insomma…tra “Fate” ed “In…Can…Tesi…Mi” la magia continua…